I mantra di Babaji: devozione e dissoluzione

Nel Kriya Yoga di Babaji, i due mantra a lui associati hanno sfumature e implicazioni profondamente diverse, nonostante possano sembrare simili a prima vista. Da una parte, c’è il mantra che sancisce l’accettazione di Babaji come proprio Guru, dall’altra il mantra che esprime la resa incondizionata a Babaji come rappresentazione dell’energia universale. Entrambi sono potenti strumenti spirituali, ma il loro significato e il loro impatto sul praticante seguono percorsi differenti.

Quando un discepolo accetta Babaji come proprio Guru, sta facendo una scelta personale, intima e consapevole. In questo caso, il mantra serve a stabilire un legame diretto con un Maestro, che non è solo una guida esteriore, ma un principio di saggezza e trasformazione interiore. Questo atto implica fiducia, rispetto e apertura alla trasmissione della conoscenza da parte di Babaji.

Accettare un Guru non significa semplicemente affidarsi a una figura spirituale, ma anche accettare il cammino che quel Guru rappresenta. Nel caso di Babaji, significa accogliere la disciplina del Kriya Yoga come via di realizzazione, impegnandosi con costanza e dedizione. Questa accettazione è già un grande passo nella vita del praticante, poiché comporta il riconoscimento della necessità di una guida spirituale, l’umiltà di ammettere che da soli possiamo perderci, e la volontà di seguire un percorso che porta alla crescita e alla liberazione.

La resa incondizionata, invece, è un passo ancora più profondo. Qui Babaji non è più visto solo come un Guru, un Maestro che guida il discepolo, ma diventa la manifestazione stessa della Coscienza Divina, dell’energia universale che permea ogni cosa. In questo contesto, arrendersi significa sciogliere completamente l’ego e riconoscere che ogni cosa è governata da un principio superiore.

Questa resa non è un atto di sottomissione nel senso comune del termine, ma è la rinuncia alla falsa percezione di separazione tra il sé individuale e il Sé universale. È un atto di fiducia assoluta, in cui il praticante lascia andare ogni resistenza e ogni illusione di controllo per fondersi con il flusso della vita, accettando che ogni esperienza è guidata da una saggezza superiore.

Dal punto di vista dell’esperienza interiore, il primo mantra (accettazione del Guru) è un passo verso la devozione consapevole. Qui il discepolo sente ancora una dualità: c’è un “io” che accetta un Guru come guida. Si stabilisce un rapporto di amore e rispetto, ma il senso di individualità rimane.

Con il secondo mantra (resa totale), la dualità si dissolve. Non c’è più un “io” che si affida a un “lui”, ma solo un’unica energia che scorre liberamente. Questo stato è molto vicino al concetto di Moksha, la liberazione, in cui l’individuo non percepisce più separazione tra sé e il divino.

Queste due fasi possono essere vissute in modo progressivo. Molti iniziano accettando un Guru, trovando conforto e guida nella sua presenza, per poi giungere gradualmente alla resa incondizionata, che è un’esperienza di fusione totale con il divino.

Sul piano della devozione, il primo mantra rafforza la bhakti, cioè l’amore per il Maestro e per la sua presenza nella propria vita. Il discepolo sviluppa un senso di gratitudine e di connessione diretta con Babaji come guida spirituale.

Il secondo mantra, invece, trascende la figura del Guru in quanto individuo e porta il praticante a una devozione più universale. Qui non c’è più attaccamento a una forma specifica, ma solo amore incondizionato per la Verità ultima.

Entrambi i mantra sono strumenti potentissimi per la trasformazione spirituale, ma operano su livelli differenti. Il primo stabilisce un ponte tra il praticante e il Maestro, creando una relazione che favorisce la crescita interiore. Il secondo dissolve ogni distinzione e porta all’abbandono totale, aprendo la porta all’illuminazione.

Si potrebbe dire che il primo mantra è l’inizio del viaggio, mentre il secondo è la destinazione ultima. In ogni caso, entrambi sono validi e necessari, e ogni praticante troverà il proprio percorso naturale tra questi due estremi, che praticati entrambi danno il meglio.