Nel Kriya Yoga, il mantra di Mataji rappresenta una chiave fondamentale per comprendere e integrare il principio del femminile sacro all’interno della tradizione yogica. Mataji, figura avvolta nel mistero e nella sacralità, è considerata la controparte femminile dell’energia di Mahavatar Babaji Nagaraj. Se Babaji incarna il principio trascendente della realizzazione suprema, la sua energia complementare, rappresentata da Mataji, porta con sé la dimensione dell’accoglienza, della resa e della fusione totale con il flusso dell’energia universale.
Babaji è il maestro immortale, colui che guida e illumina il cammino dei kriyaban con la sua presenza silenziosa e potente. La sua energia è intensamente focalizzata sulla trasformazione interiore, sulla disciplina yogica e sulla volontà di ascendere oltre i limiti della coscienza ordinaria. Tuttavia, come in ogni sistema di equilibrio cosmico, anche il cammino del Kriya Yoga non può essere completo senza l’integrazione della polarità opposta, ovvero l’accettazione, l’abbandono e la fusione nel divino. È qui che entra in gioco il principio di Mataji.
Se Babaji rappresenta l’energia dell’azione consapevole e della forza spirituale che spinge l’anima verso l’evoluzione, Mataji ne rappresenta il complemento perfetto: l’apertura del cuore, la resa totale all’energia cosmica e la capacità di fluire con essa. Nel sentiero del Kriya, la fusione di queste due energie permette all’aspirante di non essere solamente un guerriero della coscienza, ma anche un amante dell’Infinito, capace di lasciarsi attraversare dalla forza stessa del divino senza opporre resistenza.
Il mantra di Mataji incarna questa dimensione dell’abbandono sacro. Recitarlo non significa solo intonare un suono sacro, ma piuttosto entrare in sintonia con un aspetto dell’energia universale che porta dolcezza, profondità e fusione con il Tutto. È la vibrazione stessa dell’accoglienza, della totale apertura alla Grazia. Attraverso la ripetizione consapevole di questo mantra, il praticante può sperimentare la dissoluzione dell’ego nel flusso del divino, permettendo che sia l’energia cosmica a guidare il processo evolutivo piuttosto che l’affermazione della volontà individuale.
Se nel Kriya Yoga il Pranayama e le tecniche avanzate lavorano per accelerare l’evoluzione dell’anima attraverso la purificazione delle nadi, l’attivazione del fuoco interiore e l’innalzamento della kundalini, il mantra di Mataji insegna la suprema arte dell’arrendersi. La resa, in questo contesto, non è un atto di passività, ma il riconoscimento profondo che esiste un flusso divino più grande del nostro io individuale e che la vera maestria spirituale non è nel controllo, ma nella fiducia totale nell’Intelligenza cosmica.
L’intero percorso spirituale può essere visto come una danza tra il maschile e il femminile, tra lo sforzo e la resa, tra l’azione consapevole e l’abbandono estatico. Il Kriya Yoga, con la sua enfasi sulla disciplina interiore e sul risveglio dell’energia, tende a sottolineare l’aspetto maschile della realizzazione, ma senza l’elemento femminile della resa e della compassione, il percorso rischia di diventare arido, privo della dolcezza necessaria per fondersi realmente con il divino.
Mataji, attraverso il suo mantra, offre al kriyaban la possibilità di bilanciare questa dinamica, di entrare in uno stato di profonda devozione e apertura, affinché l’energia della pratica non sia solo un’onda di trasformazione, ma anche un abbraccio cosmico che porta alla fusione con l’Assoluto. È la vibrazione stessa dell’Universo che accoglie, nutre e dissolve le ultime resistenze dell’ego.
Il mantra di Mataji, nella pratica del Kriya Yoga, rappresenta dunque molto più di una semplice formula sonora. È l’attivazione di un principio fondamentale: la capacità di lasciare andare l’individualità per diventare uno con il flusso cosmico. Se Babaji guida il praticante verso l’ascesa, Mataji gli insegna come sciogliersi nella vastità dell’Infinito. Solo quando queste due forze si equilibrano, il cammino spirituale diventa realmente completo: la volontà si fonde con la grazia, lo sforzo con l’amore, l’energia dinamica con la resa totale al divino.
Questo matrimonio mistico tra Babaji e Mataji non è solo una simbologia esoterica, ma una realtà esperienziale che ogni kriyaban può percepire nel profondo della sua pratica. Nella ripetizione del mantra di Mataji, l’aspirante si apre a un livello più sottile della coscienza, in cui la dualità si dissolve e rimane solo la dolce corrente dell’Unione con il Sé Supremo.
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